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Malattie epatiche in età pediatrica, Atresia biliare, Deficienza da alfa1-antitripsina, Epatite neonatale, Galattosemia, Sindrome di Alagill, Sindrome di Reye, Tirosinemia

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Lu*Lu
view post Posted on 21/9/2010, 14:12     +1   -1




Per la funzione che svolge all'interno del nostro corpo, il fegato è uno degli organi più delicati ed importanti. Quando qualche malattia lo compromette, bisogna correre subito ai ripari.
Questo è ancora più vero quando si tratta di bambini, perché la loro vita potrebbe essere in pericolo, o segnata per sempre da questo deficit.


Atresia biliare


Cos'è
L'atresia biliare è una malattia severa che colpisce i neonati e che causa infiammazione ed ostruzione dei dotti biliari (i canali deputati al trasporto della bile dal fegato all'intestino).
Quando la bile non riesce a fluire normalmente, infatti, rifluisce nel fegato (questa situazione è detta “stasi biliare”), provocando ittero (ingiallimento della pelle e delle sclere) e cirrosi.
La cirrosi è una condizione che si presenta quando le cellule epatiche sane vengono distrutte e quindi rimpiazzate da un tessuto fibroso. La fibrosi interferisce con il flusso biliare che passa attraverso il fegato, provocando ulteriore danno cellulare e ulteriore fibrosi e ricominciando, quindi, il ciclo del danno epatico.

Eziologia e Sintomi
La causa dell'atresia biliare non è stata ancora scoperta.
La malattia colpisce approssimativamente un neonato su 20.000, con una preferenza del sesso femminile rispetto a quello maschile, ma senza discriminare per razza, né per etnia.
Non si tratta di una condizione ereditaria sebbene, in casi rarissimi, può essere colpito dalla malattia più di un neonato all'interno di una famiglia.
I sintomi dell'atresia biliare si rendono solitamente manifesti tra le due e le sei settimane dopo la nascita. Il neonato presenta ittero, fegato ingrossato e più duro ed addome gonfio; le feci sono di solito chiare e le urine scure. Alcuni neonati possono presentare prurito intenso, condizione che li rende estremamente insofferenti ed irritabili. Non si sa ancora quale sia la causa del prurito, tuttavia i ricercatori hanno scoperto una connessione tra il prurito e il ritorno di bile.

Diagnosi
Ci sono molte malattie epatiche che causano sintomi simili a quelli dell'atresia biliare; ecco perché, prima di formulare una diagnosi di atresia biliare, è consigliabile effettuare diversi esami di laboratorio (test ematici e sulle urine, test di funzionalità epatica e test per la funzione di coagulo), per avere la certezza di poter escludere altre patologie epatiche.
In questi casi viene spesso eseguito un esame (non doloroso) che utilizza gli ultrasuoni (ECHO) per analizzare il fegato e determinare la grandezza dei dotti biliari e della colecisti.
Atri test si basano su specifiche tecniche a raggi X o a scansione radioattiva del fegato, tecniche che possono rivelarsi utili nel mettere a fuoco il vero problema.

Trattamento
Il trattamento più riuscito per la cura dell'atresia biliare, fino ad ora, è di tipo chirurgico.
L'intervento crea un drenaggio della bile dal fegato quando i dotti sono completamente ostruiti. Questa operazione è chiamata “intervento di Kasai” (o, tecnicamente, epatoportoenterostomia), dal nome del Dr Morio Kasai, il chirurgo giapponese che la ha messa a punto.
Durante l'operazione il chirurgo rimuove i dotti extraepatici danneggiati e li sostituisce con un pezzo di intestino, prelevato dal bambino stesso, che agisce da nuovo dotto.
Lo scopo di questo intervento è di permettere il passaggio della bile dal fegato nell'intestino attraverso il nuovo dotto. L'operazione riesce nel 50% dei casi circa. Nei neonati che rispondono bene all'operazione l'ittero di solito scompare dopo alcune settimane. Nel rimanente 50% dei casi, in cui l'intervento di Kasai non dà i risultati sperati, l'insuccesso è causato dal fatto che i dotti biliari ostruiti sono "intraepatici", cioè si trovano all'interno del fegato.

Dopo l'intervento si cerca di incoraggiare la famiglia e il bambino ad una crescita ed uno sviluppo normali. Se il flusso biliare è buono, al bambino viene data una dieta regolare; se il flusso biliare è ridotto, viene raccomandata una dieta povera di grassi, poiché la bile, che viene utilizzata dall'organismo nell'assorbimento di grassi e vitamine, non assolve bene al suo compito. Le vitamine multiple, il complesso di vitamine B e le vitamine E, D e K possono essere somministrate come ulteriore ausilio.
Sfortunatamente, nonostante il flusso biliare riattivato, l'intervento di Kasai non è la cura definitiva per l'atresia biliare: per ragioni ancora sconosciute il danno epatico spesso prosegue il suo corso e, alla fine, provoca la cirrosi (con tutte le sue complicazioni).

Complicazioni
I pazienti con cirrosi presentano cambiamenti nel flusso sanguigno che attraversa il fegato, che a loro volta possono produrre delle disfunzioni, come eruzioni cutanee, epistassi, ritenzione di liquidi e varici nello stomaco e nell'esofago.
La pressione alta che si produce all'interno di queste vene può farle sanguinare. In alcuni casi può essere necessaria una procedura con cui si inietta un agente sclerosante nelle varici.
Quando la malattia progredisce possono però verificarsi altre complicazioni. Mentre tutti i bambini tendono ad aver sonno dopo aver mangiato, quelli con atresia biliare possono presentare una sonnolenza eccessiva dopo aver mangiato cibi ricchi di proteine, a causa di maggiori prodotti di nitrogeno nel flusso sanguigno. I bambini con atresia biliare possono anche essere prede più facili delle infezioni.

Prospettive di vita
L'estensione ed il tipo di danno epatico differisce da bambino a bambino.
Alcuni rispondono bene all'intervento di Kasai, altri no. Se la bile continua a fluire, è possibile una sopravvivenza a lungo termine. Comunque al momento è impossibile per il medico determinare in anticipo quale bambino risponderà al trattamento e quale no. In ogni caso, non ci potrà essere una cura definitiva per l'atresia biliare finché non si scoprirà la sua causa, per cui le speranze di una soluzione definitiva sono tutte riposte nella ricerca scientifica.

Trapianto di fegato
Il trapianto di fegato è sempre più l'unica o l'ultima soluzione percorribile per chi soffre di alcune malattie epatiche.
Le percentuali di sopravvivenza per i trapiantati sono aumentate incredibilmente con il miglioramento delle tecniche chirurgiche e con lo sviluppo di nuovi farmaci che aiutano a superare il problema del rigetto d'organo.
Nei bambini affetti da atresia biliare il trapianto di fegato in generale non viene tentato finché non sia stato prima eseguito l'intervento di Kasai. Se questo intervento non ha successo, e prima che le complicazioni della cirrosi che ne consegue diventino severe e mettano in pericolo la vita del bambino, può essere tentato il trapianto di fegato, che ha avuto successo in molti casi. In ogni caso, come per tutti i trapianti d'organo, l'esito positivo dipende in gran parte dalla tempestiva disponibilità di organi compatibili per la donazione, dal fattore tempo (un fegato donato deve essere reimpiantato entro 16 ore perché l'intervento abbia successo) e da altri fattori che sono ancora oggetto di ricerche.
La prassi dei trapianti da viventi, data la dimensione ridotta dell'organo necessario (spesso per un bambino basta la metà destra di un fegato di un adulto) sta migliorando di molto il tempo e la disponibilità di donatori compatibili.

Deficienza da alfa1-antitripsina


La deficienza da alfa1-antitripsina è una malattia ereditaria, che solitamente evolve in epatite e cirrosi.
È la causa genetica più comune di malattia epatiche nei bambini. Anche gli adulti possono esserne affetti; in tal caso alla malattia epatica si aggiunge anche l'enfisema polmonare. Per sviluppare la malattia il bambino deve ereditare la tendenza alla deficienza da alfa1-antitripsina da entrambi i genitori. Livelli più bassi di proteina sierica alfa1-antitripsina portano ad un danno epatico che presenta fibrosi e funzionalità epatica alterata. Fortunatamente, per ragioni non ancora chiare, soltanto il 10-20% dei bambini che presentano questa anomalia sviluppano poi la malattia epatica.

Sintomi
La malattia spesso si presenta nei neonati dopo un periodo di ittero, di gonfiore addominale e di scarso nutrimento. Può anche presentarsi durante l'infanzia o nell'età adulta, ed essere scoperta a causa di stanchezza, scarso appetito, gonfiore addominale o delle gambe e test epatici alterati.

Diagnosi
La diagnosi viene fatta attraverso test di laboratorio, quando il livello sierico di alfa1-antitripsina risulta basso ed i test di funzionalità epatica sono alterati. Potrebbero essere necessari altri test, come l'urinocultura, l'esame agli ultrasuoni o i test radiologici. La biopsia epatica viene di solito effettuata soltanto per verificare il danno epatico. Vanno indagati con test di laboratorio anche i parenti portatori che non hanno sviluppato la malattia.

Trattamento
Al momento non c'è cura per questa malattia.
In ogni caso alcune alterazioni possono essere trattate o controllate. L'obiettivo del trattamento è mantenere una nutrizione normale, fornire al fegato e all'organismo in generale i nutrienti essenziali e identificare al più presto eventuali complicanze, per trattarle nel migliore dei modi.
Spesso vengono somministrate vitamine multiple e vitamine E, D e K; fenobarbital o colestiramine sono impiegati quando il paziente ha ittero severo e prurito. Se la malattia progredisce, può verificarsi un accumulo di liquidi da trattare con diuretici.
I pazienti che sviluppano cirrosi presentano dei cambiamenti nel flusso sanguigno che attraversa il fegato, cosa che dà luogo a svariate complicanze: epistassi, contusioni, accumulo di liquidi, varici allo stomaco e all'esofago. Qualche volta in queste varici la pressione può aumentare e determinare un sanguinamento. Una sonnolenza maggiore dopo l'ingestione di cibi ricchi di proteine (dovuta a livelli di ammoniemia più alti) e un più alto rischio di infezioni possono presentarsi come complicanze tardive.

Prognosi
La prognosi a lungo termine della malattia è variabile.
Il 25% circa dei pazienti affetti da deficienza da alfa1-antitripsina sviluppano cirrosi, ma il 75% non presenteranno alcuna malattia epatica dopo il periodo neonatale. Molti pazienti con cirrosi conducono una vita relativamente normale per un lungo periodo di tempo. Il perché di questa differenza non è noto. Il trapianto epatico può essere una soluzione valida quando si sviluppa una insufficienza epatica che interferisce con la normale vita quotidiana a scuola, al lavoro o a casa.

Epatite neonatale


Cos'è
L'epatite neonatale è un'infiammazione del fegato che ha luogo soltanto nella prima infanzia, di solito tra uno e due mesi di vita. Circa il 20% dei neonati colpiti da epatite neonatale è stato infettato da un virus che ha provocato l'infiammazione epatica, prima o subito dopo la nascita. Questi virus comprendono il citomegalovirus, il virus della rosolia, e i virus dell'epatite A, B o C.

Sintomi e diagnosi
Il neonato affetto da epatite neonatale di solito presenta ittero (occhi e pelle gialli), che compare ad uno o due mesi di età, non cresce e non aumenta di peso (situazione dovuta alla mancanza di assorbimento di vitamine) ed ha epatomegalia e splenomegalia.

L'ittero è causato dall'infiammazione e dal conseguente allargamento dei suoi dotti biliari, che bloccano il flusso della bile impedendo al liquido di arrivare all'intestino tenue per la digestione dei grassi e l'assorbimento delle vitamine. Questo porta il pigmento giallo della bile ad infiltrarsi nel flusso sanguigno, causando l'ingiallimento della pelle e degli occhi.

Complicazioni
I pazienti colpiti da epatite neonatale causata da rosolia o citomegalovirus rischiano di sviluppare un'infezione al cervello, che può portare a ritardo mentale o a paralisi cerebrale. Molti di questi neonati possono subire anche un danno epatico permanente, causato dalla distruzione delle cellule epatiche e dalla conseguente fibrosi.

I neonati con epatite a cellula gigante di solito guariscono (80% dei casi) senza riportare alcuna fibrosi al fegato, o una minima fibrosi. Il loro fattore di crescita riprende appena la bile comincia a fluire normalmente nell'intestino tenue per la digestione e per l'assorbimento delle vitamine. Circa il 20%, invece, sviluppa una malattia epatica cronica con conseguente cirrosi. Il loro fegato diventa molto duro, a causa della fibrosi, e l'ittero continua anche oltre i 6 mesi di età. I neonati che raggiungono questo grado di malattia andranno sicuramente incontro al trapianto di fegato.

A causa dell'ostruzione dei dotti biliari e del danno alle cellule epatiche, i neonati con epatite neonatale cronica non saranno più capaci, neanche in seguito, di digerire i grassi e di assorbire le vitamine A, D, E e K. Questo malassorbimento porterà una serie di disturbi vari. La mancanza di vitamina D comporta uno sviluppo minimo delle ossa e delle cartilagini (rachitismo).

Anche la vitamina A, necessaria per una crescita normale ed una buona vista, è una carenza che va sopperita. La mancanza di vitamina K viene associata con facile tendenza a contusioni e al sanguinamento, mentre la mancanza di vitamina E porta ad una scarsa coordinazione.

L'epatite neonatale cronica causa anche l'incapacità del fegato ad eliminare tossine nella bile, con conseguenti prurito, eruzioni cutanee ed irritabilità.

Trattamento
Non c'è un trattamento specifico per l'epatite neonatale.

Vengono di solito prescritti integratori vitaminici e a molti neonati viene somministrato il fenobarbital, che stimola il fegato a secernere ulteriore bile e vengono consigliati alimenti in polvere contenenti grassi più facilmente digeribili.

L'epatite neonatale causata dal virus dell'epatite A di solito si risolve entro 6 mesi, mentre i casi risultanti da infezione dovuta a virus B e C avranno più probabilità di evolvere in una malattia epatica cronica. I neonati che sviluppano la cirrosi dovranno necessariamente subire, a lungo andare, un trapianto di fegato.

Trasmissione
I neonati affetti da epatite neonatale provocata da citomegalovirus, virus della rosolia e dai virus dell'epatite A, B e C possono trasmettere l'infezione ad altri che vengono in contatto diretto con loro; soprattutto, si deve evitare che questi neonati vengano a contatto con donne gravide, a causa della possibilità che i suddetti virus vengano trasmessi al feto.


Galattosemia


Cos'è
La galattosemia è una rara malattia ereditaria, che provoca non soltanto cirrosi nei bambini, ma, cosa ancor più grave, una malattia che può avere effetti devastanti se non diagnosticata in tempo. La malattia, chiamata galattosemia, viene causata da elevati livelli di galattosio (un tipo di zucchero presente nel latte) nel sangue, a causa di una deficienza dell'enzima epatico necessario al suo metabolismo. Per contrarre la malattia il bambino deve ereditare la tendenza da entrambi i genitori. L'incidenza della malattia è di circa 1 caso su 20.000 neonati. Per ciascuna gravidanza, in una famiglia con entrambi i genitori portatori del deficit in questione, c'è una possibilità su quattro di avere un figlio che presenti il deficit stesso.

Sintomi
La malattia si presenta di solito nei primi giorni di vita, in seguito all'ingestione di latte materno o in polvere. Vomito, ingrossamento del fegato ed ittero sono spesso i primi segni della galattosemia, ma possono anche presentarsene altri, quali infezioni batteriche (alcune di grado severo), irritabilità, scarsa crescita e diarrea. Se non viene subito riconosciuta e diagnosticata durante il periodo neonatale, la galattosemia può provocare danni al fegato, agli occhi, al cervello e ai reni.

Diagnosi
La diagnosi viene effettuata attraverso test di laboratorio: la malattia viene rilevata misurando i livelli enzimatici nei globuli rossi, nei globuli bianchi o nel fegato. I pazienti affetti da galattosemia non mostrano attività enzimatica, mentre i portatori (i genitori) mostrano un'attività enzimatica dimezzata. Il galattosio, nei neonati colpiti da questa malattia, viene secreto in grandi quantità nelle urine, ma se il bambino vomita e/o non beve latte, il test può anche risultare negativo.

Trattamento
Il trattamento si basa prevalentemente sull'eliminazione del galattosio dalla dieta, effettuato durante la fase neonatale, abolendo il latte materno e in polvere e prescrivendo in sostituzione alimenti privi di lattosio o galattosio. La dieta va continuata per anni, in alcuni casi per tutta la vita; i livelli enzimatici nei globuli rossi si rivelano essere il modo più efficace per monitorare l'aderenza alla dieta e la restrizione del galattosio. Si raccomanda inoltre alle madri di bambini affetti da galattosemia di seguire una dieta priva di lattosio e galattosio durante le successive gravidanze, per migliorare i sintomi alla nascita del successivo figlio.
Con una terapia precoce, qualsiasi danno epatico provocato nei primi giorni di vita guarirà quasi completamente.

Sindrome di Alagille


Cos'è
La sindrome di Alagille è una malattia ereditaria che imita altre forme di malattia epatica prolungata e che colpisce neonati e bambini.
Un gruppo di caratteristiche insolite negli altri organi distingue però la sindrome di Alagille dalle altre malattie epatiche e biliari in età pediatrica: i bambini con sindrome di Alagille di solito presentano malattia epatica caratterizzata da una progressiva perdita dei dotti biliari intraepatici nel primo anno di vita ed un restringimento dei dotti biliari extraepatici. Questo provoca un accumulo di bile nel fegato ed un conseguente danno alle cellule epatiche.
La sindrome di Alagille può evolvere in fibrosi e poi in cirrosi in circa il 30-50% dei bambini affetti.

Diagnosi ed eziologia
La malattia di presenta con ittero, feci chiare e morbide ed una crescita ridotta nei primi tre mesi di vita. Successivamente si riscontrano ittero persistente, prurito, depositi di grasso nella pelle e crescita e sviluppo rachitici durante la prima infanzia. Di solito la malattia si stabilizza tra i 4 e i 10 anni, con un miglioramento dei sintomi.
Altre caratteristiche che aiutano a effettuare la diagnosi sono le anomalie che colpiscono il sistema cardiovascolare, la colonna vertebrale, gli occhi ed i reni. Un restringimento dell'arteria polmonare, che mette in comunicazione il cuore con i polmoni, porta a mormorio cardiaco, ma raramente a problemi nella funzione cardiaca. Le ossa della colonna vertebrale possono apparire in forma di ali di farfalla alla radiografia, ma quasi mai questa condizione causa problemi alla funzione nervosa del midollo spinale.
La maggior parte dei bambini (90% circa) con sindrome di Alagille presentano una insolita anomalia agli occhi. Un'ulteriore linea circolare sulla superficie dell'occhio richiede un esame oculistico specialistico, ma non comporta nessun disturbo della vista. Inoltre, alcuni bambini possono presentare delle anomalie ai reni.
Molti medici credono che ci siano specifiche caratteristiche facciali condivise dalla maggior parte dei bambini affetti da sindrome di Alagille, cosa che li rende facilmente riconoscibili: fronte prominente ed ampia, occhi infossati, naso dritto e mento piccolo e a punta.
La sindrome di Alagille, in genere, viene ereditata da soltanto uno dei genitori; vi è un 50% di probabilità che il bambino la sviluppi. Ogni adulto o bambino affetto da questa sindrome può presentare tutte o soltanto alcune delle caratteristiche precedentemente menzionate. Di solito un genitore o un fratello o una sorella del bambino affetto da sindrome di Alagille ne condivideranno l'aspetto del viso, il mormorio cardiaco o le vertebre a forma di farfalla, ma avranno fegato e dotti biliari completamente normali.

Trattamento
Il trattamento per la sindrome di Alagille si basa essenzialmente sull'aumento di flusso biliare in uscita dal fegato, sul mantenimento della crescita e dello sviluppo normale del bambino e sulla prevenzione o correzione di qualsiasi deficit nutrizionale specifico che spesso si può sviluppare. Poiché in questa patologia il flusso biliare dal fegato verso l'intestino è lento, vengono di frequente prescritti dei farmaci per accelerarlo. Questi farmaci sono in grado di ridurre il danno epatico e migliorare la digestione dei grassi che si trovano nei cibi ingeriti. Inoltre si può dare sollievo al prurito (causato dall'accumulo di bile nel sangue e nella pelle) con l'impiego di altri medicinali.

Anche le alterazioni del colesterolo nel sangue vengono trattate con le medicine prescritte per aumentare il flusso biliare. Alti livelli di colesterolo nel sangue, infatti, possono provocare piccoli depositi gialli di colesterolo sulla pelle delle ginocchia, dei gomiti, dei palmi delle mani e dei piedi, delle palpebre e di altre superfici che vengono strofinate spesso. L'abbassamento del livello di colesterolo nel sangue porta ad un miglioramento di questa situazione. Comunque, sebbene questi depositi siano esteticamente sgradevoli, non sono associati quasi mai a sintomi pericolosi.
Alcuni bambini riescono a crescere adeguatamente con latte materno se viene somministrato un olio MCT addizionale.

I cibi che contengono grassi possono provocare feci morbide e grasse nell'infanzia, ma i benefici che risultano dall'assorbimento dalle calorie e dalle vitamine nei grassi controbilanciano l'inconveniente. Spesso infatti si raccomanda ai genitori di bambini con sindrome di Alagille di non sottoporli ad una dieta povera di grassi.
I problemi di digestione ed assorbimento dei grassi possono provocare un deficit di vitamine grasso-solubili, vitamine A, D, E e K. La deficienza da vitamina A può causare cecità notturna e occhi rossi. La deficienza da vitamina D può provocare indebolimento e fratture ossee e dei denti (rachitismo). La deficienza da vitamina E può provocare una malattia disabilitante del sistema nervoso e dei muscoli, mentre la deficienza da vitamina K può provocare emorragie. La mancanza di queste vitamine può essere diagnosticata attraverso esami di laboratorio, e può essere curata con la somministrazione di massicce dosi orali di queste stesse vitamine. Se il bambino non assorbe neppure le vitamine somministrate oralmente sono necessarie iniezioni intramuscolari.
A volte, durante l'infanzia, può essere necessario un intervento per aiutare a stabilire la diagnosi di sindrome di Alagille tramite un esame diretto del sistema di dotti biliari. Non viene consigliata la ricostruzione chirurgica del sistema biliare, perché la bile riesce comunque a fluire dal fegato e non c'è al momento nessun intervento che può correggere la perdita dei dotti biliari intraepatici. In qualche caso la cirrosi evolve verso uno stadio in cui il fegato perde la sua funzionalità. In questi casi viene considerato il trapianto epatico.

Aspettative di vita
Non si conosce l'aspettativa generale di vita per i bambini con sindrome di Alagille, perché essa dipende da diversi fattori: la severità della fibrosi epatica, l'eventuale sviluppo di disturbi cardiaci o ai polmoni a causa del restringimento dell'arteria polmonare, e la presenza di infezioni o altri problemi legati ad una scarsa nutrizione. Molti adulti con sindrome di Alagille, comunque, conducono una vita normale.

Sebbene la sindrome di Alagille sia stata descritta per la prima volta nella letteratura medica inglese nel 1975, ora viene riconosciuta più frequentemente tra bambini con forme croniche di malattie epatiche. La diagnosi può essere stabilita con un esame al microscopio di campioni prelevati durante una biopsia epatica, con un esame allo stetoscopio del cuore e del petto del bambino, con un esame oculistico, con una radiografia della colonna vertebrale e con un esame ad ultrasuoni dell'addome.

Il trattamento è innanzitutto farmacologico e non chirurgico. I bambini affetti da sindrome di Alagille hanno una prognosi migliore rispetto ad altri bambini colpiti da malattie epatiche diverse che possono presentarsi alla stessa età.

Sindrome di Reye


Cos'è
Malattia pediatrica recentemente scoperta, la sindrome di Reye è una complicanza rara di comuni infezioni respiratorie in età pediatrica, compresa la varicella.
Bisogna sospettare di una possibile sindrome di Reye quando il bambino comincia a vomitare dopo 3-7 giorni dall'inizio dell'influenza o della varicella. Di solito il vomito diventa sempre più severo nell'arco di 8-12 ore. Quando c'è vomito persistente, che dura più di 12 ore successive ai 3-7 giorni dall'inizio dell'influenza o della varicella, il bambino deve effettuare esami che confermino la diagnosi di sindrome di Reye.
Se il vomito è associato a segni di disturbo mentale (stupore, delirio o comportamento strano) bisogna fargli effettuare immediatamente una visita medica. Di solito, se il bambino vomita il primo giorno di malattia, soprattutto quando vi è anche diarrea, non è affetto un sintomo della sindrome di Reye: è semplicemente una gastroenterite infettiva acuta.
Sebbene la sindrome di Reye può colpire in qualsiasi momento, è più frequente durante i mesi di gennaio, febbraio e marzo, associata all'influenza ed alle altre infezioni respiratorie. Circa un terzo dei casi di sindrome di Reye si presentano come complicanza della varicella, solitamente dopo 3-4 giorni dall'eruzione cutanea.
La sindrome di Reye è molto comune, soprattutto nei bambini in età scolare e negli adolescenti, ma ci sono anche casi verificatisi nell'infanzia, mentre la malattia è rara negli adulti. C'è una possibilità eccellente di guarire se la malattia viene diagnosticata e trattata presto, prima che il delirio ed il coma si siano sviluppati. I bambini a cui non viene posta velocemente una diagnosi possono cadere in coma e morire.

Sintomi
I segni più vistosi della sindrome di Reye sono, oltre al citato vomito persistente, le indicazioni di disturbi mentali (indebolimento e sonnolenza). In fase più avanzata, il bambino mostra cambiamenti di personalità (disorientamento e comportamento aggressivo), confusione, farfugliamento, delirio (in alcuni casi, gridando e agitandosi e non più in grado di riconoscere i genitori). Questo stadio corrisponde ad una fase di emergenza medica.

Diagnosi
La diagnosi di sindrome di Reye può essere effettuata combinando la storia di precedenti influenze e sintomi come vomito persistente, innalzamento del GPT sierico con bilirubina normale ed esclusione di meningite, encefalite,...
Quasi tutti i casi di sindrome di Reye presentano alte concentrazioni sieriche di alcuni enzimi epatici; uno di questi è il GPT. Quando si presenta un aumento di questo enzima, in associazione a vomito inspiegato, il bambino viene ricoverato in ospedale e trattato con terapie intravena. Si consiglia di non somministrare al bambino farmaci a base di acido acetilsalicilico, poiché potrebbero peggiorare la situazione, anche se ciò non è stato ancora provato.

Tirosinemia


Cos'è
La tirosinemia ereditaria è un difetto metabolico genetico, associato a malattia epatica severa nell'infanzia.
Perché la malattia si sviluppi, entrambi i genitori devono essere portatori del gene che ne è la causa. In queste famiglie c'è una possibilità su quattro che le donne in gravidanza partoriscano un bambino malato.

Nella cosiddetta forma acuta si presentano delle alterazioni durante il primo mese di vita: i bambini mostrano crescita ridotta, splenomegalia, epatomegalia, addome teso, gonfiore alle gambe ed una tendenza all'emorragia, in particolar modo dal naso. L'ittero può essere accentuato. Nonostante una potente terapia, spesso tra i 3 ed i 9 mesi di età sopravviene la morte a causa dell'insufficienza epatica. I bambini che soffrono di questa malattia sono candidati al trapianto di fegato.

Diagnosi
È possibile una diagnosi prenatale, effettuata misurando l'idrolase fumarilacetoacetato che si trova nelle cellule del liquido amniotico. Questo metodo permette di considerare l'ipotesi di una interruzione di gravidanza per il feto affetto da questa malattia.

Trattamento
Sebbene il trattamento non si sia dimostrato efficace, di solito ai bambini affetti da tirosinemia viene prescritta una dieta con basse dosi di fenilalanina e tirosina, che permette di abbassare i livelli di aminoacidi nel sangue. Grande attenzione viene posta ad una buona nutrizione e all'apporto di vitamine adeguate e di minerali, che aiutano a mantenere il paziente in buone condizioni per il trapianto, ancora oggi la migliore forma di terapia.


Fonte: paginemediche.it
 
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