FORUMANDO - Fra l'utile e il futile!

BP, la catastrofe del petrolio: si vede la fine? Sì, dell’umanità

« Older   Newer »
  Share  
Artemis
view post Posted on 16/6/2010, 17:00 by: Artemis     +1   -1




La fine del petrolio

La «cupola» ha fallito il tentativo di contenere la fuoriuscita di petrolio dal pozzo sottomarino nel golfo del Messico e, mentre la British Petroleum-Bp cerca soluzioni alternative, la marea nera raggiunge le coste statunitensi. E’ l’ultima cattiva notizia dopo la serie iniziata il 22 aprile scorso, quando la piattaforma Deepwater Horizon della Bp è esplosa uccidendo undici operai e il greggio cominciava a spillare inarrestabilmente in mare. Un disastro ambientale che, come spesso è accaduto nella storia recente, è stato purtroppo capace come niente altro di far quantomeno riflettere. Lo ha fatto il presidente degli Stati uniti Obama, che ha per ora bloccato le autorizzazioni per nuove perforazioni e ha preteso la piena assunzione di responsabilità da parte della Bp. Lo ha fatto persino l’ex ministro dello sviluppo italiano, Claudio Scajola, il giorno prima di dimettersi, disponendo l’audizione degli operatori off shore Eni e Edison e sopralluoghi sulle piattaforme nostrane. Però, prima di raccontare come è finita, conviene dire che si tratta non solo di miseri palliativi, ma dell’incapacità anche solo di prefigurare l’uscita dall’era del petrolio in tempo utile sia per l’ambiente che per la stessa economia. Anzi, nel caso del governo e del «sistema» Italia nel suo complesso, il problema neppure si pone, nemmeno quando a parlare sono dati economici.
Eppure anche la classe politica e di governo del nostro paese, fino ai livelli locali, dovrebbe conoscere i dati forniti dall’Aspo [Associazione per lo studio del picco del petrolio], la cui sezione italiana si è peritata di inviare a tutti una nota informativa, per «contribuire al quadro conoscitivo del settore energetico, che costituisce materia concorrente tra Stato, Regioni e enti locali». Il documento non solo ribadisce l’approssimarsi del picco della produzione del petrolio, cioè il momento in cui non sarà più estratto in quantità sufficienti e a costi sufficientemente contenuti, ma lo colloca nel tempo: il suo apice critico è fra 18 mesi. Un tempo così ravvicinato da consigliare i singoli paesi di attrezzarsi velocemente quantomeno per minimizzare gli effetti di questo autentico shock e, nel frattempo, di pensare a piani seri di riconversione del sistema energetico, per evitare di trovarsi all’improvviso contro un muro. Ma c’è una nota di speranza per l’Italia nel documento dell’Aspo e riguarda il boom del fotovoltaico e dell’eolico, che insieme contribuiscono al 5 per cento del fabbisogno nazionale di energia elettrica.
Insomma, l’era del petrolio così come l’abbiamo conosciuta è alla fine e questo può essere l’occasione, seppure da maneggiare con cautela soprattutto per il sud del mondo, per ripensare lo «sviluppo». La risposta di alcuni governi, almeno nelle intenzioni, è di puntare di più su energie alternative e «green economy», mentre il nostro riesuma il nucleare e toglie fondi alle rinnovabili, allentando vincoli e tutele. Rientra in questo quadro da «black economy» il decreto approvato appena quattro giorni dopo il disastro nel golfo del Messico dal consiglio dei ministri, con l’obiettivo di semplificare le procedure di perforazione svolte d’intesa con le Regioni: il titolo è «Disciplinare tipo per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale».
E’ questa una delle ragioni, per tornare alla sicurezza delle piattaforme off shore nei nostri mari e alle misure annunciate dal governo, per dire eufemisticamente che sono quantomeno contraddittorie e inconsistenti. «Il governo non può che rassicurare l’opinione pubblica in merito ai sistemi di sicurezza e alle procedure di emergenza delle piattaforme presenti nei mari italiani – ha detto a conclusione dell’incontro con Eni e Edison il sottosegretario allo sviluppo economico Stefano Saglia – In Italia non vi sono attività come quelle del golfo del Messico quali perforazioni in acque profonde o esplorazioni in aree non conosciute. Da sempre vi sono controlli e verifiche sul rispetto di standard di sicurezza particolarmente elevati». Potevamo aspettarci di sentire qualcosa di diverso a proposito delle attività petrolifere nel mare più inquinato da petrolio al mondo, il Mediterraneo?

www.carta.org/campagne/ambiente/19513
 
Top
11 replies since 3/6/2010, 15:43   534 views
  Share